domenica 25 novembre 2012

Sono la strega




Sono io.
Sono la strega.
La strega cattiva.
Avvicina il tuo naso alla carta:
riconosci il mio odore?
No?
Io riconosco il tuo – nutella e bagno rimandato da due giorni -.
Non mi hai mai visto, bambino? Non mi dire,
non hai mai incontrato una strega?
Non esserne così certo.
Non essere certo di nulla nella vita.
Io ho visto te.
Ti ho visto attraversare le strisce pedonali davanti alla scuola, stamattina,
passo molto tempo davanti alle scuole.
Eri tu.
Volevi aspettarmi,
aiutare una povera vecchietta,
vanno ancora di moda queste fregnacce, chi le racconta più… 
poi mi hai guardato,
mi ha vista così brutta e lacera
che il fastidio ha prevalso,
ti sei girato
e via…
Ero io,
la strega.
Ora qualcosa ricordi?
Mi hai visto sull’autobus, carica di borse.
Ti stavo proprio a fianco.
Mi hai lasciato il posto,
ma non per gentilezza.
Il mio puzzo ti disgustava,
il mio puzzo di strega.
Volevi solo una scusa per allontanarti da me.
Sciocco,  di me non ti liberi facilmente.
Sono di nuovo qui.
La strega.
Paura?
Senti il mio riso?
Senti la mia voce gracchiante?
Rido di te
che non sai riconoscermi,
non sai prevedere.
No, no, non scrollare le spalle;
stai pensando:
le streghe non esistono,
ma se ben esistessero, le riconoscerei, sì…
Io sono vecchia e brutta, naso adunco, spalle curve,
abiti neri lisi e sporchi, lunghi fino a terra.
Mi vuoi sempre così?
Così mi riconosci?
Troppo facile.
Pensa alla compagna di scuola, bella ragazza dagli occhi di ghiaccio…
e all’arcigna insegnante di matematica …
Hai dubitato?
Streghe.
Sì streghe.
Forse…
Dove c’è cattiveria
è facile, molto facile
che ci sia una strega,
che ci sia io.
Una donna bella, gentile… può essere… me?
No, una strega non è bella e gentile,
ma si camuffa con grande abilità.
Che strega sarebbe, se no?
Pensa a quante volte hai dubitato
della bontà, della sensibilità…
Ora hai la risposta.
Streghe.






Paolo e Alice




·        Mamma, guarda…
·       Mamma?                                                      
·        Uff, quanto traffico,  ma guarda questo dove va… Cosa c’è Alice?
·        Mamma, una strega…
·        Già, una strega… Una strega?
·        Ma da quando in qua credi alle  streghe? Harry Potter, gli gnomi, come si chiamano… Ma le streghe, quando mai?
·        Ho visto una strega.
·        E non lasciare ditate sui vetri.
Alice stava con il naso schiacciato contro il finestrino e continuava insistente:
·        Ti dico che è proprio una strega.
·        Mamma, che fai, stai a sentire le sciocchezze di Alice. - sbuffò Paolo. -  Non distrarti, che siamo in ritardo, come al solito…
·        Ok. Ora supero questo cretino…
·        Oggi c’è pure il compito di matematica la prima ora!
·        Dai, non fare il noioso, siamo quasi arrivati.
·        La prof starà già distribuendo i compiti.
·        Ma che ti importa! Se non mi preoccupo io! Sei così bravo che fai tutto, e tutto giusto, in mezz’ora!
Paolo tacque mordendosi la lingua, ché la mamma oltre a  non essere mai puntuale guidava da  cani, e non voleva distrarla oltre.
·        Alice, che fai, piangi? Perché amore mio?
Ora anche Paolo osservava attento, turbato dalla figura nera che avanzava lentamente sul marciapiede.
·        Guarda!
·        Ma che cos’avete stamattina, lasciatemi, guidare… - Si girò spazientita, la mamma. E si zittì all’improvviso.

Eccola.
La riconosco.
E’ lei.
Tanti anni sono passati da quel pomeriggio d’estate.
Erano le due, e stavo nel lettone di mia madre,
la loro  nonna,
che mi obbligava a fare il pisolino,
quando una vecchia mendicante si è fermata al cancello
della casa di campagna.
Mia madre è scesa,
inquieta più del dovuto,
le ha detto poche parole gesticolando,
e la vecchia se ne è andata.
La mamma è tornata da me e mi ha sussurrato:
Chiudi gli occhi piccina, dormi.
Era la strega cattiva, ma se ne è andata, dormi tranquilla.
E io mi sono nascosta sotto le coperte,
convinta che quella vecchiaccia fosse proprio lo strega.
Mi sono addormentata, tremante
mentre mia madre mi rassicurava dicendo
che la strega non sarebbe tornata.

E sai che ti dico ora?
Era lei.
Sì, proprio lei.

Come riconoscere una strega




Vuoi sapere come riconoscermi?
Non è difficile riconoscere una strega: puzza di calzino, ha calze rotte e scarpe bucate, misura 42 o 44, mutandoni di lana – se riesci ad alzarmi la gonna vedrai uno spettacolo penoso -.
Di solito noi streghe siamo vecchie e brutte, con abiti neri,  gonne lunghe sino a terra stropicciate e consunte, ma sappiamo camuffarci bene. Poi brutte…ognuna è brutta a suo modo, come ogni donna bella è bella a suo modo.
Ci puoi trovare facilmente davanti alle scuole, ma anche ai giardini pubblici e in estate all’ingresso delle piscine, in attesa di bambini da preparare per il sabba…
In inverno evitiamo accuratamente gli istituti dove si fa troppa attività fisica: i bambini diventano stopposi, poco teneri. E stiamo alla larga dalle scuole in ci sono mense poco curate, che usano cibi di bassa qualità, robe industriali…puah…

Dicevamo: ci appostiamo all’uscita e teniamo d’occhio i bambini che se ne stanno soli soletti in attesa della mamma in ritardo, che non riesce a parcheggiare. E per attaccare bottone - è un classico – ci rivolgiamo da sempre alla nostra vittima con un “Ehi, bel bambino, come mai tutto solo, vieni qui che ti do questo bel dolcetto (o caramella, o bastoncino di zucchero, o cioccolato). E’ buonissimo sai… e stai tranquillo, ora la mamma arriva.”  Funziona quasi sempre. I bambini  sono assai vulnerabili. Perché le mamme di oggi li  mettono in guardia dai pedofili, dai computer,  dagli extracomunitari, dagli  estranei in genere, ma non parlano mai di streghe, appartenenti al mondo delle paure fuori moda.  E a questo punto il bambino prende le caramelle e, mentre gusta  l’aroma squisito di fragola, mela o uva – ovviamente  le prepariamo noi, con nostre mani, utilizzando frutta di stagione e coloranti vegetali –  ecco che in un attimo la strega di turno lo afferra con le dita artigliate, e lo fa sparire in un battibaleno sotto il mantello nero. Di solito il bambino non urla, perché  ha la bocca piena ed è concentrato sulla bontà del misto bosco, ma se urla basta tappargli la bocca con la mano. Per portarlo a casa lo si carica sulla scopa, ma a volte si fa uso dell’auto o dei mezzi pubblici, a seconda della stagione.

Ritorniamo all’argomento: come riconoscere una strega.
Nel caso di abbigliamento tradizionale, non sarebbe difficile individuarci: ma i bambini sono come già detto impreparati, ingenui, rintronati magari dal tempo pieno (preferiamo infatti appostarci nel tardo pomeriggio, con l’ulteriore vantaggio che col buio diamo meno nell’occhio). A volte capita un bambino cretino che urla “guarda quella che strega”, non già perché abbia individuato una di  noi, ma per far dello spirito sulla nostra bruttezza. In tal caso basta una gomitata nello stomaco del pargolo o, non visti, un potente calcio nel sedere. Poi, se qualcuno dei passanti o genitori sopraggiunti nel frattempo fa osservazioni del tipo “ma guarda questa come si è conciata! C’è ancora qualche ex sessantottina in giro”, basta sorridere benevolmente (come dire: hai ragione, ma non mi offendo).

Molto più difficile è riconoscere le streghe giovani – meno di duecento anni - in abiti di foggia novecentesca. Il trucco per individuarle è far caso alle scarpe e ai mutandoni (questi di solito non si vedono, salvo che spuntino fuori da gonne troppo corte). Sono proprio queste moderne colleghe che, passando inosservate, riescono a catturare più bambini.
Qui mi fermo, non voglio svelare troppi segreti –   è evidente, non mi conviene –, ma vorrei precisare che non sono di solito streghe  le maestre che urlano e le signore che per strada inveiscono contro i bambini maleducati … Le vere streghe si presentano, contrariamente alle aspettative, con un aspetto gentile e  accattivante.  La frase che le porta inequivocabilmente allo scoperto è  “Bel bambino, vieni qui, guarda cosa ti do…”
Ricordo poi che l’abilità della strega sta nel camuffarsi, nascondersi e trasformarsi, a seconda delle occasioni: sono la donnina dall’aria innocua a cui cedi il posto sul bus, sono la bidella, la zia, la commessa del supermercato. Bel bambino… qualcuno ti ha detto così, vero? 
E per le feste non puoi immaginare come divento bella ed elegante…
Posso essere tutto…
Sono una strega.





Paste di pastafrolla

Ingredienti:
mezzo chilo di farina
2,5 hg di burro
2 hg di zucchero
1 uovo intero e un rosso
Un cucchiaino di lievito
Una busta di vanillina (facoltativa)

Impastare gli ingredienti disposti a fontana sulla tavola di legno o in una ciotola grande: disporre la  farina (più lievito)  per prima, fare  un buco in mezzo; mettere all’interno lo zucchero, il burro ammorbidito a temperatura ambiente  e le uova. Impastare. Se l’impasto non si amalgama facilmente, aggiungere poco latte.
E’ possibile apportare delle varianti; ad esempio, per ridurre l’apporto di calorie e grassi, si può diminuire la quantità di burro, aggiungendo del latte.
Ottenuto un impasto sodo, si procede a creare paste di forme a scelta: si stende una piccola quantità di pasta sulla tavola di legno o sul ripiano della cucina, dopo aver infarinato la superficie. Per stendere la pasta ci si può aiutare con un mattarello;  tagliare i biscotti utilizzando gli stampini. Un metodo più sbrigativo  per ritagliare le paste è utilizzare la rotella per i ravioli: si ottengono così dei rettangoli dai bordi frastagliati.
Si possono fare paste a forma di funghetto, mescolando ad un po’ di impasto della polvere di cioccolato.
Cuocere a 180 gradi per 10 minuti. 

Le streghe odiano i bambini




Le streghe sono streghe, odiano tutti,  e più uno è  buono  più lo odiano. Bambini, maestre, autisti, infermiere, impiegati pubblici, suore… Ci sono nuove tendenze che vogliono streghe anticonformiste, che vanno controcorrente, che  riescono ad essere ridicole e autoironiche, per intrattenere e divertire…
No! Diffidate da questi insulsi  buonismi! Tutto falso!
Noi odiamo mode, eccessi mediatici, e stranezze culturali in generale.
Siamo streghe. Streghe cat – ti –ve.

Più di tutti odiamo i bambini, questo è risaputo...  Ma ci addentriamo qui in un argomento complesso. Il nostro interesse per i bambini è innanzi tutto alimentare. Mangiamo i bambini. Mangiamo bambini come i bambini mangiano bistecche, come i gatti mangiano topi, come… insomma, li mangiamo e basta. E questo non è immorale, si chiama catena alimentare.
Poi li odiamo anche, perché siamo cattive. E poi perchè i bambini di oggi sono uno strazio. Mangiano male, si lavano troppo, dicono le parolacce, sono sguaiati e danno del tu a tutti, anche a noi. Si sentono alla pari con gli adulti e – cosa mai vista - persino con noi streghe.
Pensano di saperla lunga. Si rivolgono a noi senza paura, ci deridono e si prendono gioco di noi, pretendono addirittura di riuscire a ingannarci. Troppa istruzione! Troppa tivù! Non era così una volta. Ai tempi di Hansel e Gretel i  bambini come piangevano, aggrappati alle sbarre della loro gabbia, terrorizzati al punto di non mettere in conto neppure lontanamente di poter fuggire, e men che meno di ridere di noi!
Sapone, merendine, televisione e scuola: ecco, queste sono le disgrazie della gioventù di oggi.

Comunque è ora che chiuda il mio diario e mi metta all’opera. Devo andare a scegliere le mie vittime, e so già sin d’ora che mi daranno del filo da torcere. Il giorno del sabba è vicino e la mia dispensa è ancora vuota, non c’è tempo da perdere.  

La cattura




La storia che vado a raccontarvi inizia con la cattura   dei bambini per la preparazione del sabba, grande festa che ogni anno organizzo e curo personalmente nei minimi particolari. Servono carni tenere  per palati esigenti. Oltre che streghe, sono invitati tutti gli angeli del male, gli esseri più cattivi, diavoli orchi maghi vampiri lupi mannari…

Preparo la cattura per tempo, cambiando ogni anno località per non dare nell’occhio. Mi studio ogni volta la mappa della città per individuare le scuole e gli asili più adatti all’impresa.
Nella primavera del 2012, seguendo il mio metodo tradizionale, mi sono appostata all’ingresso di una scuola davanti alla quale i genitori fanno fatica a parcheggiare, e i bambini volano giù velocemente dalle auto in seconda fila che sostano un attimo e ripartono veloci. I piccoli sfuggono così qualche minuto alla vigilanza dei grandi. Ho individuato le mie vittime. La scelta è caduta sui ritardatari: i due bambini che arrivavano costantemente per ultimi, e andavano pure a casa la sera per ultimi, a causa della distrazione e dei troppi impegni della mamma. Il  fatto di varcare il portone soli e inosservati, quando i compagni erano già tutti sistemati,   li aveva fatti candidare sin da subito alla cattura: l’assenza di occhi indiscreti  rendeva tutto più facile.
I due entravano dallo stesso ingresso, che serviva l’asilo e le scuole elementari e medie. La piccola Alice, dall’aria dolce e ingenua, mi sembrava tenera al punto giusto.  Paolo era un po’  grassoccio ma poteva andar bene dal punto di vista culinario, dopo qualche settimana di digiuno; aveva l’aria un po’ tonta, e non sarebbe stato un problema raggirarlo.
-         Corri Alice, su. Non girarti, che ti importa di quella vecchia! E non piagnucolare. Dai che il bidello chiude il portone! E tu Paolo, aspettala…

Ma c’era ancora qualcuno dietro di loro. Kevin. Arrivava a piedi, e non correva. Era anche lui sempre in ritardo, incurante delle conseguenze. Il “sempre” valeva per le volte che si faceva vedere a scuola. Quando non aveva voglia, se ne stava a casa, e spesso a casa ce lo mandavano gli insegnanti per qualche scherzo o frase insolente. Una sospensione dietro l’altra, oltre che un’insufficienza dietro l’altra: avrebbe perso l’anno.
-         Ehi tu, cosa spingi. Solito prepotente…- il ragazzo, per farsi spazio mentre il portone stava chiudendo, buttò da parte Paolo con una spallata.
Lo notai subito, anche se non era certo la vittima ideale: troppo sveglio. Kevin aveva uno sguardo arguto e sfrontato, di più, aveva proprio l’aria di un piccolo delinquente. Mi avrebbe reso senza dubbio la vita difficile. Mi guardava dritto degli occhi e sosteneva il mio sguardo. Poteva avermi riconosciuta? Scattò il gusto della sfida. Sarebbe stato mio, o non ero più la strega esperta e capace di una volta…

Passai settimane ad osservare inosservata, seduta in un angolo riparato vicino all’edicola col mio cane nero, tenendo le giuste distanze dal giornalaio chiacchierone, tendendo la mano a passanti frettolosi, in attesa di un’improbabile elemosina.
Ogni giorno osservavo il viavai di bambini e mamme. Queste ultime - eleganti, truccate e biondo-cotonate - mi guardavano con disprezzo, non sapendo che ricambiavo tale sentimento. Incapaci totali, che non sanno curare la condotta di vita e soprattutto l’alimentazione dei loro piccoli disgustosi, che risultano così legnosi o troppo grassi, poco genuini, troppo trattati. Quasi immangiabili. Per non parlare dell’educazione, li tirano su come dei perfetti cretini. Ignoranti teledipendenti maleducati.
Chi dice che le streghe si accaniscono tanto con le mamme per invidia? Più belle, più desiderabili, più giovani di noi… E beh? Non ce ne importa niente. Noi non vogliamo essere belle! Siamo streghe! Invidia e desiderio di maternità insoddisfatto? Noi? Se trovo quel cretino che si è inventato queste panzane… ci faccio lo stufato. 

Dopo aver studiato attentamente orari e abitudini, appostata vicino alla scuola,  decisi di passare all’azione.
Alice usciva dall’asilo nel primo pomeriggio, in un orario affollato da ragazzini che ridevano sguaiatamente di me  e da genitori che mi lanciavano monetine. Non sarebbe stata impresa facile catturare Alice in quel viavai. Dopo alcuni pomeriggi passati a stazionare nei pressi del portone, finalmente giunse il momento propizio: Alice si affacciò al portone dando la mano alla maestra, che avrebbe atteso pazientemente come al solito l’arrivo della mamma dal parcheggio difficile; quando la nuvola dei bambini in uscita si era quasi del tutto dileguata, ecco che una signora dall’aria agguerrita chiamò la maestra, per sapere se era proprio vero quel che diceva il figlio, che qualcuno gli aveva dato uno schiaffo, e non era affatto un buffetto ma un bello schiaffo,  e gli era rimasto perfino il segno,  e la maestra dov’era quando era successo il fatto? In quella scuola succedeva di tutto…
Occasione imperdibile per la strega! La maestra tutta rossa cominciò ad argomentare animatamente - un litigio fra bambini, si sa, è sempre un caso difficile -.  Gesticolando per farsi le sue ragioni, e spiegare che in quel momento stava togliendo un finto ragno dal registro… lasciò la mano di Alice, che in un battibaleno finì nel cesto di vimini della strega, nascosta da  piante di sedano, lattughino e rapanelli.
-         Però! Buona questa merendina! Non è quella della scuola, vero? Tartufini al cioccolato! Sanno di ricotta. Ne posso avere ancora uno? Ma cosa sono queste foglioline che mi fanno il solletico sul collo?
La seconda vittima fu Paolo, trasportato sotto il mantello nel tardo pomeriggio. La città era semideserta, tutti davanti alla televisione per una partita importante.  Nessuno a  sentire le flebili proteste, attutite da bocconi abbondanti di crostata di mele. E Paolo era tanto estasiato a causa del cibo prelibato che non fece caso alla mano secca e nodosa che lo trascinava via.
-         Mamma che fretta c’è? Dove andiamo, dove hai parcheggiato?

Era rimasto per ultimo Kevin. Con lui fu inaspettatamente facile.  Mentre stavo prendendo la via di casa con le mie due prime vittime, mi si avvicinò, rivolgendomi uno sguardo fiero come non avevo mai  visto in nessun bambino, senza parlare. Non posso dire di averlo catturato, stavo anzi pensando di lasciar perdere, non mi fidavo affatto di lui. Kevin mi lasciò allontanare di qualche metro e prese  a seguirmi passo a passo, tenendo il mio ritmo lento. Ogni tanto mi giravo ed era sempre lì dietro di me. Uscimmo dalla città, e percorremmo stradine sterrate. Alice si era appisolata, e Paolo procedeva senza discutere, intontito da alcune essenze che gli avevo fatto annusare. Due ore dopo arrivammo così alla casa di campagna.



Tartufi di ricotta

Ingredienti:
ricotta, zucchero,  gallette, cioccolato in polvere.

Mescolare ricotta morbida e zucchero. Aggiungere biscotti (tipo gallette)a pezzettini.
Formare delle palline di un paio di centimetri di diametro aiutandosi con un cucchiaino, e “impanarle” nel cioccolato in polvere, possibilmente fondente.
Servire  subito subito, altrimenti i biscotti contenuti nei tartufi si ammorbidiscono.


Crostata di mele

Non è propriamente una crostata, ma una torta con ripieno di frutta. Ma è comunque molto buona.
Ingredienti:
3 hg di farina
Mezza busta di lievito per dolci
1,5 hg di zucchero 
1,5 hg di burro ammorbidito a temperatura ambiente
3 tuorli d’uovo
Scorza di limone grattugiata
Per  il ripieno :
4 mele, succo di almeno mezzo limone, 2 cucchiai di marmellata di pesche o albicocche, 2 cucchiai di zucchero

Disporre gli ingredienti per l’impasto a fontana, e mescolare. Aggiungere poco latte se non si riesce ad amalgamare il tutto..
Affettare le mele e irrorare di succo di limone, zuccherate.
Dividere in due parti l’impasto, ricavando due dischi. Disporre il primo nella teglia,  allargare uno strato sottile di marmellata, poi disporre  le mele, e ricoprire col secondo disco di pasta. Chiudere i due dischi ripiegando i bordi. Bucherellare la superficie della torta. Infornare a 180 gradi per  40 minuti. E’ preferibile utilizzare una teglia da poter presentare in tavola.  

La casa della strega




La strega abitava in una casa di campagna di mattoni  rossi dall’aria abbandonata e semidiroccata, a cui si arrivava da un sentiero impervio che correva fra campi incolti infestati di rovi e gramigna, su per la collina. La costruzione era coperta alla vista dei viandanti da una recinzione alta, essa pure di mattoni rossi, con in cima vetri di bottiglia, da cui spuntava la chioma verde di alberi rigogliosi. La vecchia procedeva cauta, col suo fardello ingombrante, ma non temeva di dare nell’occhio; di lì non passava quasi mai nessuno, e nei dintorni non si sospettava che la casa fosse abitata. Anzi, i vicini si tenevano bene ben alla larga, a causa di dicerie su oscuri malefici che lì si consumavano. Nel paese vicino addirittura girava voce che la casa fosse… stregata.

In fondo al viottolo, ecco una porticina di legno. La strega arrivò  all’imbrunire. Entrò con i due prigionieri, Alice e Paolo,  lasciando un attimo la porta accostata, per dar tempo all’ombra  che la seguiva di raggiungerla. Kevin scivolò all’interno, senza un saluto o una parola qualsiasi; allora la vecchia chiuse a chiave a doppia mandata. Mentre Kevin già curiosava in giro, per niente in soggezione,  i riccioli biondi di Alice fecero capolino fra le verdure della cesta, e il viso tondo e occhialuto di Paolo sbucò dal pesante mantello.
Sudiciume ovunque. Alice arricciò il naso, più schifata che impaurita. Paolo, allergico a tutto, starnutì. La stanza, che doveva servire da sala da pranzo e da cucina, aveva qualcosa di irreale, conteneva mobili e oggetti che non erano di uso comune, che non avevano mai visto nella loro casa, o da parenti e amici: sulla credenza c’erano un  candelabro con diavoli sui tredici bracci, un grosso anello nero con intarsiato un teschio, pezzi ci pietra lavica, corni, penne colorate enormi… e, appesi al muro, un’ascia, una spada tutta lavorata… Kevin osservava gli strani oggetti magici cercando di capire.  
-         Sembra di stare in una fiaba. Una fiaba triste! - disse Alice perplessa e impaurita.
-         Sembra di stare in un libro di storia! – cominciava anche Paolo a interessarsi allo strano luogo. Scuotendosi dal torpore osservava anche lui incuriosito quelli che dovevano essere probabilmente oggetti di magia.

La strega li mollò lì, sicura che non avrebbero potuto fuggire, avendo sprangato porte e finestre. Sistemò le sue ceste, si tolse cappello, pastrano e mantellina di lana, rimanendo con un abito informe, di colore nero come tutto il resto dell’abbigliamento. Accese il lume a petrolio e alcune candele, e poi il caminetto. Era primavera appena iniziata, e la sera faceva ancora freddo.
 
Si fecero avanti Belzebù e Morgana, uniche creature amate dalla strega, ad accogliere gli ospiti-prigionieri.
Belzebù, gatto nero e spelacchiato, urlò rizzando il pelo, cercando subito di graffiare Alice. Lei si  fece indietro con un salto, inciampandosi in qualcosa di viscido…
-         Ma  cos’è? – Gridò Alice, diventando tutta rossa.
-         No! Un dinosauro! – esclamò Kevin, estasiato.
-         Un lucertolone! Mordono le lucertole? – chiese Alice.
-         Ma è un’iguana! L’ho vista in tivù. – affermò Paolo, con la sua aria da secchione.
-         Sicuramente morde, lucertola o dinosauro o igna…, insomma, quella roba lì. – riprese Alice.
-         Bisogna solo stare attenti a non toccarla, a non disturbarla…-  raccomandò Paolo, parlando sottovoce.
-         Io a toccarla non ci penso proprio….
-         Che frignona! Ma è proprio bello, o bella, guarda che  cresta, che squame verdi lucide, e che grande, sarà alta come te, Alice…
-         Certo che è bella, mangia bene. – intervenne la strega. - Verdurine tenere dell’orto, pochi cereali, e un topo la settimana. I bambini non le piacciono per niente, state  tranquilli.
-         Meno male.
-         Ma vedete di non inciamparvi, se la disturbate morde.
Morgana l’iguana si avvicinò lentamente, diede un’occhiata poco interessata e se ne tornò sotto il divano. Non era granché di compagnia, ma serviva a scoraggiare gli estranei, curiosi e ladri, in quanto metteva una gran paura.
Arrivò infine Maya, cane nero meticcio con occhi scurissimi inquietanti. Fece le feste alla strega che la cacciò subito con un calcio nel sedere. Era la vergogna della famiglia, se di famiglia si poteva parlare. Nonostante l’aspetto era buona,  buonissima. Si era infilata  un giorno dal cancello per mangiare gli avanzi, magra e affamata, e non ne aveva voluto sapere di andarsene.  

A Paolo la situazione sembrava assurda: il rapimento, la strega - e la vecchia sembrava essere assolutissimamente una strega -, l’iguana, il gatto assatanato, e quella casa di altri tempi… Doveva trattarsi di uno scherzo, e la presenza di Kevin non poteva essere casuale.
Era contrariato per la presenza di Kevin, che ben conosceva. Aveva tredici anni, uno più di Paolo. Era ripetente, frequentava la prima B. Frequentava per modo di dire: passava la maggior parte del suo tempo nei corridoi, per punizione, e  se ne stava lì a giocare col telefonino o a preparare scherzi idioti per compagni e insegnanti. Non si piacevano, troppo diversi, troppo lontani: un primo della classe e un ribelle.   
Paolo pensava che, in quell’oscura macchinazione, Kevin doveva entrarci in qualche modo, anche se non poteva certo avere costruito da solo questa assurda finzione. Allora chi c’era dietro? E soprattutto, a cosa doveva servire questa montatura ridicola e inquietante allo stesso tempo? Non era certo tranquillo, e Alice se ne accorse:
-         Non avere paura! Siamo in una fiaba, non ci succederà nulla. Le fiabe finiscono sempre bene!
-         E tu che ne pensi? – Paolo, chiese con tono di sfida a Kevin, che ostentava la solita spavalderia.
-         Boh…E’ un posto strano, non capisco cosa c’è sotto. Sembra il lavoro di un pazzo! – sembrava anche lui stranamente a disagio.

Cominciarono a preoccuparsi più seriamente quando la strega li condusse in quella che doveva diventare la loro stanza.  Vennero sistemati - senza opporre resistenza, in quanto stanchissimi - nelle apposite gabbiette. Erano due, una per i fratellini e una per Kevin. Modello “Hansel e Gretel”, ampie e assai confortevoli, dotate di playstation e giochi elettronici vari, e peluches per Alice. I bambini trovarono tale sistemazione di loro gradimento, anche se il riferimento a Hansel e Gretel non suonava granché bene.
La strega preparò un’ottima cena. Portò il cibo nelle gabbiette. I prigionieri osservarono i piatti con sospetto, temendo potessero contenere del veleno; ma dato che, dopo una giornata tanto movimentata, avevano un certo languorino, e dato che i piatti presentavano un ottimo aspetto e un profumo anche migliore… misero da parte i propri sospetti e consumarono un’ottima cena. La strega doveva essere davvero una gran cuoca! La giornata più emozionante della loro vita volgeva al termine, tra curiosità e preoccupazione. Stanchi e con la pancia piena, se ne andarono tutti a letto subito dopo cena, e si addormentarono di sasso.


La cena del primo giorno di prigionia:

Pasta con pomodoro e ricotta

Ingredienti per 4 persone:
400 gr. di pasta corta
Cipolla tritata
Basilico
Una scatola di pelati o pomodori freschi
150 gr. di ricotta

Soffriggere la cipolla nell’olio, aggiungere il pomodoro e il basilico, per ultima la ricotta. Amalgamare bene  in modo da ottenere una crema. Condire la pasta, aggiungendo  eventualmente del pepe. 



Involtini di carne

Ingredienti:
bistecche di manzo sottili, di piccole dimensioni
2/3 uova sode
Prosciutto o mortadella
salsiccia
pomodoro
trito di cipolla
rosmarino

Disporre su ogni bistecchina una fettina di mortadella o prosciutto, un pezzetto di salsiccia senza pelle,  e un mezzo i uovo sodo 8° un quarto. Chiudere l’involtino, fermandolo con due stuzzicadenti. Procedere fino ad esaurimento degli ingredienti.
Preparare poi un soffritto con mezza cipollina e rosmarino,  e mettere in un  tegame gli involtini. Una volta rosolati, aggiungere il pomodoro, fresco o in conserva. Insaporire con mezzo dado.   

Il secondo giorno




Il giorno dopo la strega, dopo aver preparato ai ragazzi una sontuosa colazione, si assentò per fare  provviste. La spesa le richiedeva tempo e impegno, il che era comprensibile, vista la sua attenzione maniacale per la qualità dei cibi.
Kevin decise di approfittare della sua assenza per divertirsi un po’. Voleva uscire dalla sua gabbia, non tanto per un’esigenza di libertà, quanto per curiosare un po’ in giro; c’erano tante cose più interessanti della playstation….
-         Ehi, secchione, studia un po’ tu il modo per aprire…- era Kevin a parlare così, stuzzicando Paolo.
-         Assì? Secchione? Aggiustati! Io…non sto poi così male qui. Lasciami in pace, sto leggendo.
-         Guardate, qui c’è un’assicella che si solleva, non è fissata bene, non avete mica qualcosa… – disse Alice.
-         Qualcosa per sollevarla? Ecco qui, io avrei una biro…
-         Non è meglio questo? – Kevin porse un coltellino a serramanico.
Paolo era sempre più insofferente nei confronti di Kevin. Ma presto dimenticarono le loro rivalità, presi dall’esplorazione della casa. Se ne andarono in giro di stanza in stanza, scoprendo incredibili meraviglie…
Trovarono una serie di scope di diversi modelli e dimensioni. Alambicchi e ampolle contenenti liquidi colorati, con scritte incomprensibili. In cucina, nascosto dietro una tenda a fiorellini, scovarono uno scaffale pieno zeppe di libri dalle copertine marmorizzate macchiate e consumate e dalle pagine ingiallite.
-         Agnolotti, rabaton, bagnetto…ma che strega è questa? Pensa solo a cucinare? – Kevin sembrava deluso.
-         Guarda qui: formula segreta per trasformare un gatto nero in un coniglio. A che serve mai trasformare  un gatto in un coniglio? - Paolo osservava Belzebù, che nel frattempo aveva preso la rincorsa verso le scale.
-         Ah ah ah… Sentite questa… veleno per mele magiche: polvere di drago, uova di pipistrello, un calzino  non lavato da centocinquanta anni almeno…
-         Ecco qui, sulla copertina, il suo nome: Mafalda, strega anziana, depositaria dei grandi segreti della magia nera…
-         Nata nel 1659?   Sfuggita al rogo del 1674…
-         Esperta nella cattura e lavorazione di bambini…
-         Lavorazione? Che mai vorrà dire? Ohi ohi…
-         Grande strega e grande cuoca, apprezzata nel mondo della stregoneria per i suoi sabba, a base di agnolotti…
-         Mi sa che qui, se riusciamo a non lasciarci la pelle, avremo di che divertirci. Ma per ora rimettiamo tutto a posto, e controlliamo non restino troppe impronte nella polvere. Ecco, basta soffiare… fffffff…
Nella camera  della strega trovarono abiti di varie fogge, che sembravano vecchi, ma tanto vecchi, vecchi di secoli: da nobildonna, da contadina, da istitutrice,  persino da fata.
E in giro per la casa carte da gioco, bambole di pezza, cioccolato e biscotti in quantità…Alla fine di una frettolosa perlustrazione se ne tornarono quatti quatti nelle loro stanzette, cioè gabbiette, temendo di farsi scoprire dalla strega, che poteva fare ritorno da un momento all’altro… Ripresero a giocare con poco interesse alla playstation, pregustando i divertimenti che la casa misteriosa  riservava loro.
Alice non si era fatta sentire sino a quel momento:
-         Paolo? E’ vero?
-         Cosa?
-         E proprio una strega?



Bagnetto verde

Ingredienti:
Prezzemolo
Capperi
Acciughe
Uno spicchio d’aglio
Pane grattugiato
Olio d’oliva
Poco aceto (facoltativo)
Tritare gli ingredienti e mescolare.