domenica 25 novembre 2012

Il giardino incantato

Biancaneve avanzava cauta, strisciando lungo le mura del castello. Era avvolta in un mantello nero, appartenuto sicuramente ad un adulto, pesante e lungo fino a terra. Il cappuccio era tirato su a coprire il viso: si vedevano solo due grandi occhi verdi spauriti. Con lei la fida Luna, cagnolina nera con le zampette bianche, compagna di Biancaneve dalla nascita. Non sembrava condividere i timori della sua padrona e avanzava a testa alta, sostenuta e spedita.
Biancaneve faceva di tutto per non farsi notare: ma una bambina così piccola da sola alle sei di mattina, con un mantello che strisciava nella polvere ed un cane nero… avrebbe dato nell’occhio a chiunque. Per fortuna, vista l’ora, la via era deserta.
Biancaneve continuava a girarsi verso il castello, temendo di vedere un gendarme o una serva affacciarsi, o addirittura la terribile matrigna… Si chiedeva dove fosse il giardino incantato di cui tanto aveva sentito parlare. E finalmente una porticina - un piccolo cancello di ferro lavorato  -  interruppe le mura, e Biancaneve e Luna si infilarono furtive all’interno.

La bambina si fece largo tra le fronde che dagli alberi si chinavano fino a terra. Trovò un varco e avanzò nel grande prato. Il sole di agosto illuminava uno spiazzo verde circondato da alberi. In fondo si intravedeva una villa antica. Si tolse il manto, visto che la giornata era torrida e  ormai non doveva più difendersi dagli sguardi estranei. Mentre si liberava dell’indumento, Luna scappò via, inseguendo un ciuffo bianco che si muoveva a zig zag, velocissimo.
-         Luna, Luna, torna qui. -  Biancaneve la chiamò invano.
E intanto pensava:
-         Chissà quali  pericoli nasconde questo luogo! Nessuno al castello ne parlava, nessuno c’era mai entrato.
Si accorse che il ciuffo bianco in fuga era un coniglio… no… il Bianconiglio, animaletto antipatico e saputello che sarebbe qualche secolo dopo comparso nella favola di Alice nel paese delle meraviglie! Prese a correre per recuperare l’amata Luna e salvare lei e il coniglio, ma presto li perse di vista..
Mentre attraversava il giardino, incontrò un servo che  stava caricando degli attrezzi su un carro.
-         Hai visto Luna?
-         Il cane nero? Andava di là, verso la villa.
-         Grazie… ma tu che fai qui?
-         Sto mettendo via i tavoli e le sedie che sono serviti per la festa di ieri. Ci sono anche gli strumenti da portare via, poi bisogna finire di pulire…
-         Una festa? Con i valzer, le crinoline? Chissà che noia!
-         No, no. Se vuoi sapere di ieri, prendi quella chitarra…
-          
Biancaneve si sedette sull’erba, prese lo strumento sulle gambe, e sfiorò le corde… Ne uscì una musica lieve,che si sentiva appena, e che  diventò via via più forte, riempendo tutto il parco. Biancaneve non sapeva suonare, ma le note arrivavano proprio da lei. E si sentiva una voce di donna, ma lei si guardò intorno, non c’era nessun altro oltre al servo… la voce cantava:

Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.

Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.

Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie.
….

Il servo continuava il suo lavoro e sembrava indifferente alla musica, forse neppure la sentiva:
-         Invece di stare a trastullarti con la mia chitarra, che ne dici di aiutare a caricare le sedie sul carretto? Dai, muoviti!
Perplessa per i modi autorevoli del servo, cominciò ad aiutarlo. Intanto gli parlava:
-         Io sono Biancaneve.
-         Io mi chiamo Libero, piacere.
-         Non ti darà fastidio se ti parlo mentre lavori? Però, come sono pesanti queste sedie… Non ti chiedi come mai sono qui, proprio io?
-         Come mai sei qui? Proprio tu? – la accontentò Libero, sbuffando.
-         Allora, sono fuggita dal castello. Dimmi, non trovi buffo che una principessina fugga da un castello?
-         Buffo, certo, bambina petulante.  Ci sono anche quelle casse là in fondo, vai, su…
-         E, dicevo, sono fuggita, perché ero stanca della matrigna cattiva, sempre davanti allo specchio a provare nuovi abiti. Mi odia sai, perché pensa che io  sia più bella di lei, anche se, come vedi, non ho bei vestiti. E guarda come mi ha fatto tagliare i capelli, per dispetto! E le sorellastre, non ti dico quante cattiverie! Così sto sempre con la servitù -  a proposito, di te non mi ricordo – e aiuto a pulire, a cucinare e a fare il bucato. Anche con le serve non ho quelle gran affinità: se non sono impegnate a lucidare e a lavare stanno a spettegolare, o a raccontarsi sciocche storie di principi azzurri che arrivano a cavallo per salvare servette.
-         Povera Biancaneve…
-         Sì, povera me, puoi ben dirlo. Ma non pensare che io sia come mi dipingono nelle favole! Frego i pavimenti e faccio il bucato… ma non mi rassegno. La mia testolina pensa sempre.
-         A cosa?
-         A come fuggire, a dove andare…c’è una lucina sempre accesa. E ho tentato tante volte di tagliare la corda…
-         E com’è andata? Scusa, intanto scostati che devo prendere gli strumenti.
-         Com’è andata? Mica tanto bene… Sono scappata dalla porta di servizio, in un pomeriggio distratto in cui la regina misurava nuovi vestiti, il re era in riunione con i ministri, le serve ciarlavano… Sono fuggita nel bosco: lì ero ben protetta dagli sguardi dei gendarmi che mi avrebbero presto inseguita.
-         E non avevi paura, bambina?
-         Che dici! Paura io? Beh, poco poco… Certo, era così buio... Si sentiva il verso della civetta, e il lupo ululava. Ma finalmente gli alberi si sono diradati, ho raggiunto uno slargo, e ho visto una luce…
-         La casa dei sette nani?
-         Come lo sai? Sì, era proprio la casa dei sette nani.
-         Salva!
-         Macchè! Ancora pavimenti da lucidare e piatti da lavare…e poi i nani non erano quella gran compagnia, sempre a pensare agli ori e alle pietre preziose che trovavano in miniera… Preoccupati delle proprie ricchezze quanto il re, ma assai più tirchi!
-         Povera Biancaneve!
-         Povera me!
-         Sì, povera te ma non fermarti. Si sono altre sedie da impilare, forza!
-         Sì sì, ecco qui….Stavo dicendo che stare dai nanetti non mi andava per niente; ero proprio stufa, quando è arrivata la strega. Vecchia, brutta, col naso adunco, insomma una strega. E mi ha portato la mela fatata. Mi sono addormentata: così mi sono liberata dai nani e dai ventotto piatti da lavare ogni giorno! Ma non è finita qui…
-         Ma quanto parli bambina…dai, dimmi, cos’è successo ancora?
-         Me ne stavo a dormire in pace su di un giaciglio nel bosco, quando è arrivato quel tipo… il principe…
-         E ti ha baciato?
-         No no, calma. Lui voleva…ma io mi sono svegliata e ho visto il suo viso vicinissimo al mio… e ho sentito che aveva un alito cattivo, ma così cattivo… sapeva di aglio… Mi sono buttata giù dal giaciglio e me la sono data a gambe levate!
Il servo rise a crepapelle, e dovette interrompere il suo lavoro  per asciugarsi gli occhi.
-         Non fa ridere per niente. Avessi sentito che fiato! Così sono tornata al castello. Dove tutti erano così affaccendati nelle loro inutili faccende che non si erano neppure accorti della mia sparizione. Ho ritrovato le servette intente a chiacchierare, il  re in riunione con i ministri per decidere sempre le stesse cose, e la regina in riunione con la sarta.
-         Povera Biancaneve… - disse il servo, tirando su col naso, e cercando di assumere un’seria e partecipe.
-         Macchè povera. So il fatto mio. Riprovo. E riproverò finchè troverò la via per la libertà. E infatti sono arrivata sin qui, nel giardino incantato, con la mia amata Luna. A proposito, Luna, Lunetta, dove sei! – chiacchierando si era dimenticata del cane…
-         L’ho vista entrare nella villa. Passa di lì.
Bianca mollò di colpo lo scatolone che stava trasportando, e si precipitò verso il porticato…
-         Piano, guarda dove metti i piedi, impiastro…

Bianca si era inciampata in uno strumento appoggiato a terra, strumento che lei a aveva già sentito suonare a corte, un’arpa…
-         Che disastro! Ti sei fatta male, povera Arpa?  Chi lo dirà alla musicista?
Bianca aveva infilato un piede proprio in mezzo allo strumento, spezzando alcune corde…
E mentre Bianca si scusava con l’arpa, e carezzava le corde sopravvissute, le note cominciarono ad uscire, dolci  e melodiose: Moon river.

Moon River wider than a mile,
I'm crossing you in style someday.
Oh, dream maker, you heartbreaker,
wherever you're going I'm going your way.

Two drifters off to see the world,
there's such a lot of world to see.
We're after the same rainbows end,
and waiting round the bend,
my huckleberry friend, Moon River, and me.
- Scusa, arpa, sono contenta che tu non te la sia presa, non volevo farti male… -  le disse Biancaneve con un’ultima carezza. Poi proseguì nella sua ricerca. Entrò nella villa,  percorse corridoi ornati di quadri antichi, e trovò finalmente Luna seduta di fronte ad un affresco: un castello in mezzo al verde delle colline, e un grosso coniglio bianco in primo piano, che non sembrava azzeccarci proprio  con lo sfondo. Imprendibile sotto quello strato di vernice. Luna lo guardava con occhi infuocati e ringhiava.
-         Luna, su, andiamo. Tra un po’ si accorgeranno della nostra fuga al castello, non dobbiamo farci prendere.
Luna  non distoglieva lo sguardo dalla preda; non ne voleva proprio sapere di venir via.

Allora la bambina tornò fuori.  Voleva chiedere a Libero che cosa fosse la bella musica che aveva ascoltato, tanto diversa dai minuetti di corte. In quel mentre sentì dei passi pesanti nella strada. Bianca si affacciò dalla porticina: arrivavano a passo sostenuto la matrigna, le sorellastre, l’istitutrice, due gendarmi, la bambinaia, due servi e una guardia ecologica con tanto di retino… e un po’ indietro i sette odiosissimi nani…e si sentiva un rumore strano… gli zoccoli di un cavallo…
-         Aiuto! Arrivano tutti. Devono aver sentito la musica!
Chiamò forte:
-         Luna, Lunetta, andiamo!
-         Scusa, servo, devo scappare!
-         E dagli con questo servo! Non sono un servo.
-         In effetti non hai l’aria del servo. Ma nel mio mondo ci sono solo servi e soldati, e non sembri essere un soldato.
-         E’ lo stesso, dai…
-         Che strambo questo servo, si comporta proprio come un uomo libero!
-         Che stramba questa bambina. Sembra uscita davvero da una fiaba! - Il servo le rivolse uno sguardo interrogativo, poi finì di stipare il materiale sul carro.
Nel frattempo arrivò Luna di corsa, e Biancaneve cercò rapidamente una via di fuga. La  squadra con a capo la matrigna arrivava da sinistra, ma a destra la strada proseguiva, formando un gomito oltre il quale chissà cosa c’era! Si avviò  decisa a destra, pensando che non sapeva cosa avrebbe trovato, ma una via porta pur sempre da qualche parte. Libero si fece sulla porta: - Vai!
E Bianca prese a correre, e corse sempre più veloce, attraversando la città – Corri forte, scappa, non farti prendere! – era la voce lontana di Libero.  E poi attraversò campi, prati e boschi. Saltava fossi e attraversava ruscelli. E il suo vestito rosa da principessa povera si infangava, e si strappava nei roveti… ma lei correva, senza fiato ma felice, Luna sempre al suo fianco, pure lei senza fiato e felice. Inizialmente Bianca si girava indietro per vedere se la matrigna e gli altri la stessero raggiungendo, ma dopo averli visti scivolare nel fango della prima pozzanghera non si voltò più.
Correva correva correva.
E a fianco a lei Luna correva correva correva.
Bianca si fermò a un certo punto a prendere fiato e si lasciò andare a terra a peso morto… e poi…si  rialzò… e di nuovo a correre…
Correva e rideva, come fanno a volte i bambini, senza motivo. Correva  e non andava in nessun posto. E pensava che aveva scoperto per caso cosa le piaceva fare nella vita. Correre.

Alice cominciava a sbadigliare. E, grattandosi la testa, disse:
-         Sai Mafalda… Sai che la tua Biancaneve è diversa dal cartone animato?
-         Anche dalla fiaba che mi racconta la nonna – intervenne Frida, seduta a terra vicino  a Paolo, Kevin e Maya. I gatti, poco interessati, stavano già dormendo al calduccio sui letti dei bambini. Avevano accompagnato il racconto col loro ron ron.
-         Così ci piace molto.
-         Mafalda, non ho capito una cosa… ma il principe è rimasto solo?
-         No, Alice, un principe non è mai solo. E’ tornato a casa, ha fatto una dieta senza aglio e cipolle per una settimana, e poi ha dato una grande festa…
-         Di quelle noiose, coi valzer?
-         Sì. E lì ha conosciuto Cenerentola.
-         Me le confondo sempre, sai, Cenerentola e Biancaneve.
-         Bene, si innamorarono, il principe e Cenerentola.
-         E vissero felici e contenti
-         Certo.
-         Mafalda?
-         Che c’è ancora, Alice? Dormi.
-         Ma Luna, la cagnolina nera della storia…
-         Che c’è? E’ un cane qualsiasi…
-         Ma somiglia a Maya, mi sembrava di vedere lei mentre raccontavi. Non è la nostra Maya?
Intanto Maya, sentendosi chiamata in causa, sollevò il muso impettita, orgogliosa del ruolo attribuitole.  Custode dei segreti di Mafalda, responsabile della incolumità dei bambini durante l’assenza della  strega, e ora anche protagonista di una fiaba.
-         Basta, chiudi gli occhi, Alice.
Anche i grandi si avviarono ai propri letti sorridendo. Kevin  disse all’orecchio a Paolo.
-         L’avevo capito subito. La storia l’ha inventata lei. Non è la fiaba vera.
-         E se questa fosse la vera fiaba, e l’altra una variante minore?
-         E se fossero tutt’e due vere?

Nessun commento:

Posta un commento