Biancaneve
faceva di tutto per non farsi notare: ma una bambina così piccola da sola alle
sei di mattina, con un mantello che strisciava nella polvere ed un cane nero…
avrebbe dato nell’occhio a chiunque. Per fortuna, vista l’ora, la via era
deserta.
Biancaneve
continuava a girarsi verso il castello, temendo di vedere un gendarme o una
serva affacciarsi, o addirittura la terribile matrigna… Si chiedeva dove fosse
il giardino incantato di cui tanto aveva sentito parlare. E finalmente una
porticina - un piccolo cancello di ferro lavorato -
interruppe le mura, e Biancaneve e Luna si infilarono furtive
all’interno.
La
bambina si fece largo tra le fronde che dagli alberi si chinavano fino a terra.
Trovò un varco e avanzò nel grande prato. Il sole di agosto illuminava uno
spiazzo verde circondato da alberi. In fondo si intravedeva una villa antica.
Si tolse il manto, visto che la giornata era torrida e ormai non doveva più difendersi dagli sguardi
estranei. Mentre si liberava dell’indumento, Luna scappò via, inseguendo un
ciuffo bianco che si muoveva a zig zag, velocissimo.
-
Luna, Luna, torna
qui. - Biancaneve la chiamò invano.
E
intanto pensava:
-
Chissà quali pericoli nasconde questo luogo! Nessuno al
castello ne parlava, nessuno c’era mai entrato.
Si
accorse che il ciuffo bianco in fuga era un coniglio… no… il Bianconiglio,
animaletto antipatico e saputello che sarebbe qualche secolo dopo comparso
nella favola di Alice nel paese delle meraviglie! Prese a correre per
recuperare l’amata Luna e salvare lei e il coniglio, ma presto li perse di
vista..
Mentre
attraversava il giardino, incontrò un servo che
stava caricando degli attrezzi su un carro.
-
Hai visto Luna?
-
Il cane nero?
Andava di là, verso la villa.
-
Grazie… ma tu che
fai qui?
-
Sto mettendo via
i tavoli e le sedie che sono serviti per la festa di ieri. Ci sono anche gli
strumenti da portare via, poi bisogna finire di pulire…
-
Una festa? Con i
valzer, le crinoline? Chissà che noia!
-
No, no. Se vuoi
sapere di ieri, prendi quella chitarra…
-
Biancaneve
si sedette sull’erba, prese lo strumento sulle gambe, e sfiorò le corde… Ne
uscì una musica lieve,che si sentiva appena, e che diventò via via più forte, riempendo tutto il
parco. Biancaneve non sapeva suonare, ma le note arrivavano proprio da lei. E
si sentiva una voce di donna, ma lei si guardò intorno, non c’era nessun altro
oltre al servo… la voce cantava:
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per
Geordie.
….
Il
servo continuava il suo lavoro e sembrava indifferente alla musica, forse neppure
la sentiva:
-
Invece di stare a
trastullarti con la mia chitarra, che ne dici di aiutare a caricare le sedie
sul carretto? Dai, muoviti!
Perplessa
per i modi autorevoli del servo, cominciò ad aiutarlo. Intanto gli parlava:
-
Io sono
Biancaneve.
-
Io mi chiamo
Libero, piacere.
-
Non ti darà
fastidio se ti parlo mentre lavori? Però, come sono pesanti queste sedie… Non
ti chiedi come mai sono qui, proprio io?
-
Come mai sei qui?
Proprio tu? – la accontentò Libero, sbuffando.
-
Allora, sono
fuggita dal castello. Dimmi, non trovi buffo che una principessina fugga da un
castello?
-
Buffo, certo,
bambina petulante. Ci sono anche quelle
casse là in fondo, vai, su…
-
E, dicevo, sono
fuggita, perché ero stanca della matrigna cattiva, sempre davanti allo specchio
a provare nuovi abiti. Mi odia sai, perché pensa che io sia più bella di lei, anche se, come vedi, non
ho bei vestiti. E guarda come mi ha fatto tagliare i capelli, per dispetto! E
le sorellastre, non ti dico quante cattiverie! Così sto sempre con la servitù
- a proposito, di te non mi ricordo – e
aiuto a pulire, a cucinare e a fare il bucato. Anche con le serve non ho quelle
gran affinità: se non sono impegnate a lucidare e a lavare stanno a
spettegolare, o a raccontarsi sciocche storie di principi azzurri che arrivano
a cavallo per salvare servette.
-
Povera
Biancaneve…
-
Sì, povera me,
puoi ben dirlo. Ma non pensare che io sia come mi dipingono nelle favole! Frego
i pavimenti e faccio il bucato… ma non mi rassegno. La mia testolina pensa
sempre.
-
A cosa?
-
A come fuggire, a
dove andare…c’è una lucina sempre accesa. E ho tentato tante volte di tagliare
la corda…
-
E com’è andata?
Scusa, intanto scostati che devo prendere gli strumenti.
-
Com’è andata?
Mica tanto bene… Sono scappata dalla porta di servizio, in un pomeriggio
distratto in cui la regina misurava nuovi vestiti, il re era in riunione con i
ministri, le serve ciarlavano… Sono fuggita nel bosco: lì ero ben protetta
dagli sguardi dei gendarmi che mi avrebbero presto inseguita.
-
E non avevi
paura, bambina?
-
Che dici! Paura
io? Beh, poco poco… Certo, era così buio... Si sentiva il verso della civetta,
e il lupo ululava. Ma finalmente gli alberi si sono diradati, ho raggiunto uno
slargo, e ho visto una luce…
-
La casa dei sette
nani?
-
Come lo sai? Sì,
era proprio la casa dei sette nani.
-
Salva!
-
Macchè! Ancora
pavimenti da lucidare e piatti da lavare…e poi i nani non erano quella gran
compagnia, sempre a pensare agli ori e alle pietre preziose che trovavano in
miniera… Preoccupati delle proprie ricchezze quanto il re, ma assai più tirchi!
-
Povera
Biancaneve!
-
Povera me!
-
Sì, povera te ma
non fermarti. Si sono altre sedie da impilare, forza!
-
Sì sì, ecco
qui….Stavo dicendo che stare dai nanetti non mi andava per niente; ero proprio
stufa, quando è arrivata la strega. Vecchia, brutta, col naso adunco, insomma
una strega. E mi ha portato la mela fatata. Mi sono addormentata: così mi sono
liberata dai nani e dai ventotto piatti da lavare ogni giorno! Ma non è finita
qui…
-
Ma quanto parli
bambina…dai, dimmi, cos’è successo ancora?
-
Me ne stavo a
dormire in pace su di un giaciglio nel bosco, quando è arrivato quel tipo… il
principe…
-
E ti ha baciato?
-
No no, calma. Lui
voleva…ma io mi sono svegliata e ho visto il suo viso vicinissimo al mio… e ho
sentito che aveva un alito cattivo, ma così cattivo… sapeva di aglio… Mi sono
buttata giù dal giaciglio e me la sono data a gambe levate!
Il
servo rise a crepapelle, e dovette interrompere il suo lavoro per asciugarsi gli occhi.
-
Non fa ridere per
niente. Avessi sentito che fiato! Così sono tornata al castello. Dove tutti
erano così affaccendati nelle loro inutili faccende che non si erano neppure
accorti della mia sparizione. Ho ritrovato le servette intente a chiacchierare,
il re in riunione con i ministri per
decidere sempre le stesse cose, e la regina in riunione con la sarta.
-
Povera
Biancaneve… - disse il servo, tirando su col naso, e cercando di assumere un’seria
e partecipe.
-
Macchè povera. So
il fatto mio. Riprovo. E riproverò finchè troverò la via per la libertà. E
infatti sono arrivata sin qui, nel giardino incantato, con la mia amata Luna. A
proposito, Luna, Lunetta, dove sei! – chiacchierando si era dimenticata del
cane…
-
L’ho vista
entrare nella villa. Passa di lì.
Bianca
mollò di colpo lo scatolone che stava trasportando, e si precipitò verso il
porticato…
-
Piano, guarda
dove metti i piedi, impiastro…
Bianca
si era inciampata in uno strumento appoggiato a terra, strumento che lei a
aveva già sentito suonare a corte, un’arpa…
-
Che disastro! Ti
sei fatta male, povera Arpa? Chi lo dirà
alla musicista?
Bianca
aveva infilato un piede proprio in mezzo allo strumento, spezzando alcune corde…
E
mentre Bianca si scusava con l’arpa, e carezzava le corde sopravvissute, le
note cominciarono ad uscire, dolci e
melodiose: Moon river.
I'm crossing you in style someday.
Oh, dream maker, you heartbreaker,
wherever you're going I'm going your way.
Two drifters off to see the world,
there's such a lot of world to see.
We're after the same rainbows end,
and waiting round the bend,
my huckleberry friend,
-
Scusa, arpa, sono contenta che tu non te la sia presa, non volevo farti male…
- le disse Biancaneve con un’ultima
carezza. Poi proseguì nella sua ricerca. Entrò nella villa, percorse corridoi ornati di quadri antichi, e
trovò finalmente Luna seduta di fronte ad un affresco: un castello in mezzo al
verde delle colline, e un grosso coniglio bianco in primo piano, che non
sembrava azzeccarci proprio con lo
sfondo. Imprendibile sotto quello strato di vernice. Luna lo guardava con occhi
infuocati e ringhiava.
-
Luna, su,
andiamo. Tra un po’ si accorgeranno della nostra fuga al castello, non dobbiamo
farci prendere.
Luna non distoglieva lo sguardo dalla preda; non
ne voleva proprio sapere di venir via.
Allora
la bambina tornò fuori. Voleva chiedere
a Libero che cosa fosse la bella musica che aveva ascoltato, tanto diversa dai
minuetti di corte. In quel mentre sentì dei passi pesanti nella strada. Bianca
si affacciò dalla porticina: arrivavano a passo sostenuto la matrigna, le
sorellastre, l’istitutrice, due gendarmi, la bambinaia, due servi e una guardia
ecologica con tanto di retino… e un po’ indietro i sette odiosissimi nani…e si
sentiva un rumore strano… gli zoccoli di un cavallo…
-
Aiuto! Arrivano
tutti. Devono aver sentito la musica!
Chiamò
forte:
-
Luna, Lunetta,
andiamo!
-
Scusa, servo,
devo scappare!
-
E dagli con
questo servo! Non sono un servo.
-
In effetti non
hai l’aria del servo. Ma nel mio mondo ci sono solo servi e soldati, e non
sembri essere un soldato.
-
E’ lo stesso, dai…
-
Che strambo
questo servo, si comporta proprio come un uomo libero!
-
Che stramba
questa bambina. Sembra uscita davvero da una fiaba! - Il servo le rivolse uno
sguardo interrogativo, poi finì di stipare il materiale sul carro.
Nel frattempo arrivò Luna di corsa, e Biancaneve cercò
rapidamente una via di fuga. La squadra
con a capo la matrigna arrivava da sinistra, ma a destra la strada proseguiva,
formando un gomito oltre il quale chissà cosa c’era! Si avviò decisa a destra, pensando che non sapeva cosa
avrebbe trovato, ma una via porta pur sempre da qualche parte. Libero si fece
sulla porta: - Vai!
E Bianca prese a correre, e corse sempre più veloce,
attraversando la città – Corri forte, scappa, non farti prendere! – era la voce
lontana di Libero. E poi attraversò
campi, prati e boschi. Saltava fossi e attraversava ruscelli. E il suo vestito
rosa da principessa povera si infangava, e si strappava nei roveti… ma lei
correva, senza fiato ma felice, Luna sempre al suo fianco, pure lei senza fiato
e felice. Inizialmente Bianca si girava indietro per vedere se la matrigna e
gli altri la stessero raggiungendo, ma dopo averli visti scivolare nel fango
della prima pozzanghera non si voltò più.
Correva correva correva.
E a fianco a lei Luna correva correva correva.
Bianca si fermò a un certo punto a prendere fiato e si
lasciò andare a terra a peso morto… e poi…si
rialzò… e di nuovo a correre…
Correva e rideva, come fanno a volte i bambini, senza
motivo. Correva e non andava in nessun
posto. E pensava che aveva scoperto per caso cosa le piaceva fare nella vita.
Correre.
Alice cominciava a sbadigliare. E, grattandosi la
testa, disse:
-
Sai Mafalda… Sai
che la tua Biancaneve è diversa dal cartone animato?
-
Anche dalla fiaba
che mi racconta la nonna – intervenne Frida, seduta a terra vicino a Paolo, Kevin e Maya. I gatti, poco
interessati, stavano già dormendo al calduccio sui letti dei bambini. Avevano
accompagnato il racconto col loro ron ron.
-
Così ci piace
molto.
-
Mafalda, non ho
capito una cosa… ma il principe è rimasto solo?
-
No, Alice, un
principe non è mai solo. E’ tornato a casa, ha fatto una dieta senza aglio e
cipolle per una settimana, e poi ha dato una grande festa…
-
Di quelle noiose,
coi valzer?
-
Sì. E lì ha
conosciuto Cenerentola.
-
Me le confondo
sempre, sai, Cenerentola e Biancaneve.
-
Bene, si
innamorarono, il principe e Cenerentola.
-
E vissero felici
e contenti
-
Certo.
-
Mafalda?
-
Che c’è ancora,
Alice? Dormi.
-
Ma Luna, la
cagnolina nera della storia…
-
Che c’è? E’ un
cane qualsiasi…
-
Ma somiglia a
Maya, mi sembrava di vedere lei mentre raccontavi. Non è la nostra Maya?
Intanto Maya, sentendosi chiamata in causa, sollevò il
muso impettita, orgogliosa del ruolo attribuitole. Custode dei segreti di Mafalda, responsabile
della incolumità dei bambini durante l’assenza della strega, e ora anche protagonista di una
fiaba.
-
Basta, chiudi gli
occhi, Alice.
Anche i grandi si avviarono ai propri letti
sorridendo. Kevin disse all’orecchio a
Paolo.
-
L’avevo capito
subito. La storia l’ha inventata lei. Non è la fiaba vera.
-
E se questa fosse
la vera fiaba, e l’altra una variante minore?
-
E se fossero tutt’e
due vere?
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