domenica 25 novembre 2012

Kevin

I bambini, preoccupati, seguivano con gli occhi Kevin, che si era allontanato in silenzio. Non precedeva verso la città, aveva preso la direzione opposta. Verso Gamondio, verso il castello.
-         Ma cosa fa, incosciente!
-         Pazzo, dove va...
Guardarono in viso Mafalda, in ricerca di una spiegazione, o almeno di rassicurazione.
E trovarono quel che cercavano nei suoi occhi scuri, profondi come il mare di notte. In quello sguardo la calma e la comprensione di chi sapeva dei secoli passati e di quelli a venire, di tutto il bello e il brutto del mondo. Così placarono le proprie ansie. L’amico carissimo non si sarebbe perso. Si abbracciarono e abbracciarono la strega.
-         Mocciosi lagnosi appiccicosi  mammosi e quant’altro,  aprite gli occhi: vedete quel bozzo nella tasca dei pantaloni di Kevin?
-         Sì, sì. Ma cosa può essere di così importante?
-         Sciocchi! Non vedete che qualcosa sporge dalla tasca? qualcosa di luccicante…
-         Sì sì, qualcosa di dorato!
-         Non può essere, Mafalda… sono chiavi?
-         Chiavi dorate… no! Le chiavi del castello! Se le è tenute lui!
-         Va al castello!
-         Al castello di Barbablù.
-         E questa volta è solo!
-         No! Che paura! Non hai  paura tu, Mafalda?
-         Dimentichi chi sono - il viso della vecchia era sereno.
-         Ma lui non è che un bambino!
-         Ormai un ragazzo.
E non fa certo difetto di arguzia e coraggio
-         Ma cosa vuol fare mai, ormai il perfido  Barbablù è sconfitto!
Prenderà il castello forse?
-         Io non capisco, non capisco nulla!
-         Sei piccola Alice, che vuoi capire tu…
-         Fatemi parlare. – intervenne Mafalda. –
Kevin è coraggioso e arguto.
E’ generoso e fiero…
-         Ma che se ne fa di quel castello maledetto?
Lui non ambisce a ricchezze e potere.
Perché rischiare la vita?
-         Perché ama le sfide.
Ama le imprese difficili.
-         Impossibili... – Paolo scrollava il capo.
-         Subito l’ho capito, quando l’ho visto e mi ha sfidata. - Sorrise Mafalda, si sarebbe detto dolcemente.
-         Ma tu lo proteggerai, vero?
E’ poco più che un bambino, come noi.
-         State tranquilli, tornatevene a casa. Lo sorveglierò, anche se di protezione  non ha granché bisogno.
-         Lo rivedremo?
-         Tornerà. Lo aspetterò.
-         Lo aspetteremo.
-         E sentiremo delle sue avventure in tivù.
-         Sai cosa penso, Mafalda…
-         Dimmi.
-         Potrebbe essere tuo nipote, Kevin.
-         Che sciocchezze! Sparite mocciosi, mi venite a noia, sciò, sciò.
-         Strega cattiva.
-         Brutta.
-         Vecchia.
-         Puzza di calzino.
-         Rughe e nasone.
-         Sciò, sparite su.
La vecchia seguì con lo sguardo o bambini che si allontanavano ridendo. Paolo insegnava ad Alice “un due tre e un balzo”, la danza goffa del pifferaio di Hamelin.

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