Un’altra notte insonne.
Un’altra, dopo la notte della cattura, in cui era
rimasta ore a rivoltarsi nel letto a pensare che fare di quei mocciosi viziati
e impertinenti...
Un’altra notte, dopo quella della fuga dei bambini
dalle gabbie, la notte in cui li sorprese a mettere sottosopra la dispensa e ad
appropriarsi della sua magia.
Dopo le notti passate a raccontare Biancaneve alla piccola Alice, biancaneve
sempre biancaneve, per allontanare la paura del buio.
E la notte
avventurosa degli angeli del male,
di Barbablù, Dracula e Regina.
E poi le notti passate a cucinare agnolotti, torte e
marmellate.
A preparare tisane per il raffreddore.
A confezionare orridi caldi maglioni di lana grezza.
A controllare di nascosto i compiti.
Mafalda aveva lavorato fino a tardi per finire i
preparativi per la partenza: merende e scorte di cibo prelibato erano pronte
nei sacchetti sul tavolo della cucina.
Avrebbe potuto finalmente riposare, ma il sonno non veniva.
Affacciata alla finestra, con i capelli grigi raccolti
in una treccia per la notte, uno sciallino sulla camicia da notte a fiorellini,
Mafalda sembrava una nonna, se non fosse stato per l’enorme naso e il mento sporgente…
degni di una strega di tutto rispetto.
Che bella notte stellata, quell’ultima notte!
Le stelle illuminavano il prato, l’orto e il giardino
in cui aveva lavorato e giocato con loro per settimane.
Ci sarebbero voluti cinquant’anni della sua
lunghissima vita da strega per riposarsi della tanta stanchezza, di tante notti
insonni. Ma non le importava.
Ecco, finalmente il cielo si rischiarava e si tingeva
di rosa. La stella del mattino illuminava il sentiero: la via del ritorno.
Era l’alba.
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