domenica 25 novembre 2012

Il villaggio



La domenica mattina erano tutti pronti all’impresa: Alice era ben nascosta nel carrello per la spesa, in cui erano stati praticati dei fori in corrispondenza degli  occhi. La strega, con Alice,  si avviò a piedi. Paolo e Kevin, allegri e eccitati, si recarono per conto loro alla fermata del bus, dove li raggiunse  Frida, proveniente dalla cascina. Non fecero il cammino tutti insieme per non dare nell’occhio. Mafalda aveva deciso di fidarsi dei tre grandi perché sapeva che la loro curiosità era tanta: non sarebbero certo fuggiti via senza vedere la fiera.
Si erano dati appuntamento alle porte del paesino arrampicato sulla collina. Sembrava uscito da un libro di storia medievale, così circondato da alte mura, addossato ad un vecchio tetro castello. Arrivarono per primi i ragazzi, che si fermarono ad ascoltare il frastuono della festa: suoni, canti e risa.
Osservavano incuriositi i passanti diretti al borgo: videro passare una contadina con un pesante fardello sulla testa, e poi un carretto carico di legna portato da un asinello. Sicuramente l’asinello c’entrava coi giochi… Paolo cercò di accarezzarlo, l’uomo alla guida urlò parole sgarbate e incomprensibili. Che strano dialetto!

Mafalda  si fermò in prossimità del portone di accesso al villaggio, che interrompeva le mura alte e impenetrabili. Nascosta dietro ad una pianta, fece uscire Alice dal borsone, e cominciò a frugare. Tirò fuori delle giacchette lise dai colori spenti, mantelli neri e cappellacci flosci. Insistette per un paio di pantaloni informi anche per Frida, che non fece storie, incurante dell’estetica. Accettarono tutti con allegria il travestimento, pensando facesse parte del gioco, pregustando chissà quali gare e divertimenti. Solo Alice respinse irremovibile gli stracci spiegazzati, e rimase con suo vestitino rosa da bambola. Avrebbero cercato di nasconderla sotto i mantelli. Mafalda fu l’unica a non aver bisogno di travestimenti. Tirò  fuori per ultimo dal borsone - che doveva essere magico per contenere tanti oggetti - una cesta piena di mele, che si mise al braccio, tenendo con la mano libera, ben stretta a sé, Alice. Lasciò la borsa non gli abiti dei bimbi ben nascosta dietro l’albero. Formavano ora una comitiva ben omogenea: la strega e le sue povere vittime, immagine inquietante… Ma Kevin non riuscì a trattenere il riso:
-         Oh, guarda, la strega…
La strega cattiva…
-         Sarà forse la strega di Biancaneve? – Paolo si prestava al gioco.
-         Ehi strega, brutta strega, ce l’hai ancora una mela per me? – e Kevin intanto allungava una mano veloce.
-         Fermi lì, furfanti, non mi rovinate la messa in scena! Giù le mani dal mio cesto, guai se mettete fuori posto le mie mele!
-         Ecco, te l’ho presa!
-         E io?
-         Smettetela! Sono le sue mele! Ma… ne posso prendere una anch’io? Per piacere – Alice chiedeva per piacere, funzionava quasi sempre…

Entrarono nel villaggio. Mafalda si fece strada tra una folla di persone vestite stranamente, come loro d’altronde, e dall’aspetto poco curato: capelli grigi e unti, denti guasti e abiti sciatti. La cosa si faceva interessante per i ragazzi. Passavano davanti a botteghe buie e anguste, in cui si vendevano generi alimentari ma anche oggetti strani, in legno e ferro battuto, tessuti fatti a mano, erbe magiche…
-         Che puzza!
-         Zitta Alice, non è educazione. -  La redarguì Paolo, scansando una secchiellata d’acqua – se acqua era…-proveniente da una finestra. -  Che strane abitudini in questo borgo…
Passarono davanti ad un omone alto, grosso e panciuto, con enormi muscoli nelle braccia e nelle spalle, che lavorava ad un’incudine di fronte alla sua bottega. A torso nudo picchiava un enorme martello su di un ferro rovente. I loro occhi si incontrarono, e lui si fermò un attimo.
-         Venerdì? – Chiese l’uomo.
-         Venerdì. – Mafalda annuì misteriosa.
-         Venerdì cosa? – Alice curiosa fece capolino da sotto gli stracci della vecchia.
-         La festa. 
-         Ma non ci avevi detto che era per venerdì. E’ invitato anche il fabbro?
-         Certo. – Mafalda abbassò la voce: - E’ l’orco.
-         Ooooo, l’orco! – Kevin non era stupito. Voleva solo fare lo spiritoso. Non le credeva.
-         Certo, l’orco. Un giorno lo conoscerete… e non farete più i furbi.

Arrivarono sulla grande piazza. E lì  una meraviglia dietro l’altra.         
Ecco un giocoliere con l’abito  verde e giallo che lanciava e riprendeva delle palle di cuoio. Kevin si affiancò e ci provò anche lui, usando tre mele della strega, che tornavano sempre con precisione nelle sue mani. I ragazzi rimasero a bocca aperta! Si  formò un capannello di curiosi che applaudivano il ragazzo, lanciandogli anche qualche moneta.
-         Ehi, ma che roba è? Mele magiche? – chiese il giocoliere vero spintonando Kevin – Pussa via, questo è il mio posto. E sbrigati, se non vuoi che ti sistemi per le feste. Le mele lasciale pure qui, che mi possono essere utili, qualunque sia il trucco. E anche le monete. E ora sparisci, vai…
Che strana idea del divertimento avevano in quel luogo! Non doveva essere solo un gioco? Kevin era perplesso.  Mafalda lo tirò via in tutta fretta, presagendo grane…
Ma subito furono attratti da altre meraviglie. Un uomo che sputava fuoco. E poi musici e cantori in ogni angolo.
C’erano balle di paglia distribuite sulla piazza, come a definire un percorso. Dei ragazzini venivano bendati. Questa volta fu Frida a farsi avanti. Si trattava di inseguire un maialino e catturarlo. Gli altri furono travolti dalla folla e la persero di vista, ma dopo mezz’ora la videro arrivare più sporca e lacera che mai, ma trionfante, con un maialino poco più grande di Ice in braccio.  

Una vecchia leggeva le carte, e Mafalda non potè resistere e si avvicinò, con espressione ostile:
-         Impostora! Non sei una strega! Ti prendi gioco di questa nobile arte, e di noi…
La gente intorno si allontanò guardandola spaventata… La cartomante alzò gli occhi:
-         La strega!
E tutti  intorno:
-         E’ lei la riconosco!
-         La strega Mafalda!
-         Al rogo, al rogo!
-         Prendetela!
-         Attenti ai suoi poteri!
Mafalda alzò l’indice adulto e rinsecchito e cominciò a recitare una delle sue formule…
Ma mani e braccia si levarono intorno, e lei, schiacciata fra tanta gente non riuscì più a parlare. Un mantello buttato sulla sua testa la zittì definitivamente.
-         Al rogo? che vogliono dire? – Chiese Kevin, per nulla intimorito  dal momento difficile
-         Ma perché ce l’avete con lei? Che vi ha fatto? – Paolo cercava di fare ragionare quelle strane genti.
Un coro di voci rispose:
-         Quanti malefici ha fatto…
-         La peste!
-         La carestia!
-         Quanti bambini si è portata via!
-         Ma cosa dite, pensa solo a cucinare! E poi è una salutista, che abbia causato la peste ci fa strano! -  allargò le braccia Paolo.
-         Ma voi cosa volete?  Le tenete la parte? Non state mica con lei?
-         Ma no, è lui che è un po’ tonto! non lo vedete, che faccia!
-         Ehi,  cosa stai dicendo? Cosa sarei io?
-         Non fiatare, Paolo, altrimenti mi sa che qui c’è da  lasciarci la pelle tutti quanti!  
Kevin se ne stava in disparte guardando perplesso la bottiglia che aveva appena rubato a uno degli artisti e pensò che non c’era altra via di scampo. Aveva idea di cosa doveva essere quel liquido misterioso. Si riempì la  bocca senza ingoiare, e subito soffiò. Una enorme nube di fuoco riempì lo spiazzo, e gli astanti fuggirono tossendo, con gli abiti bruciacchiati.
-         Ma come, è già ora del rogo? – chiese un passante.
-         Ma no, è uno dei ragazzini che stanno con lei. Via via, è già pronto a sputare altro fuoco. Qui ci fa arrosto tutti, altro che rogo. Scappiamo.
Mentre Kevin armeggiava con la bottiglia, dando a vedere che era pronto a bere un altro sorso, Paolo soccorse Mafalda, che nella gran confusione era cascata a gambe all’aria; la liberò dal mantello in cui l’avevano imprigionata, la aiutò ad alzarsi  e se la tirò dietro per i vicoli più nascosti. Kevin trascinò via Alice, che stava applaudendo, non avendo ben capito cosa succedeva, e Frida li seguì col suo maialino. 
Usciti dalle mura, ritrovarono  il silenzio e la pace. Si avviarono verso l’albero che custodiva i loro abiti di tutti i giorni.
Si guardarono indietro, verso il borgo di fiaba. Mafalda si girò verso l’alto. Quale altra novità? A una finestra della torre del castello si intravedeva una figura dietro i vetri: la fisionomia di una uomo anziano, piccolo e curvo. Tutti alzarono gli occhi. Sembrava proprio che il vecchio stesse guardando verso di loro, e in particolare verso  Frida, che indossava ancora gli stracci antichi di foggia maschile e in quel momento si stava tirando via il cappellaccio e sciogliendo i bei riccioli rosso tiziano. Si volsero tutti verso Mafalda, la cui espressione  si fece pensierosa:
-         Barbablù.

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