La
domenica mattina erano tutti pronti all’impresa: Alice era ben nascosta nel
carrello per la spesa, in cui erano stati praticati dei fori in corrispondenza
degli occhi. La strega, con Alice, si avviò a piedi. Paolo e Kevin, allegri e
eccitati, si recarono per conto loro alla fermata del bus, dove li
raggiunse Frida, proveniente dalla
cascina. Non fecero il cammino tutti insieme per non dare nell’occhio. Mafalda aveva
deciso di fidarsi dei tre grandi perché sapeva che la loro curiosità era tanta:
non sarebbero certo fuggiti via senza vedere la fiera.
Si
erano dati appuntamento alle porte del paesino arrampicato sulla collina.
Sembrava uscito da un libro di storia medievale, così circondato da alte mura,
addossato ad un vecchio tetro castello. Arrivarono per primi i ragazzi, che si
fermarono ad ascoltare il frastuono della festa: suoni, canti e risa.
Osservavano
incuriositi i passanti diretti al borgo: videro passare una contadina con un
pesante fardello sulla testa, e poi un carretto carico di legna portato da un
asinello. Sicuramente l’asinello c’entrava coi giochi… Paolo cercò di
accarezzarlo, l’uomo alla guida urlò parole sgarbate e incomprensibili. Che
strano dialetto!
Mafalda si fermò in prossimità del portone di accesso
al villaggio, che interrompeva le mura alte e impenetrabili. Nascosta dietro ad
una pianta, fece uscire Alice dal borsone, e cominciò a frugare. Tirò fuori
delle giacchette lise dai colori spenti, mantelli neri e cappellacci flosci. Insistette
per un paio di pantaloni informi anche per Frida, che non fece storie,
incurante dell’estetica. Accettarono tutti con allegria il travestimento, pensando
facesse parte del gioco, pregustando chissà quali gare e divertimenti. Solo
Alice respinse irremovibile gli stracci spiegazzati, e rimase con suo vestitino
rosa da bambola. Avrebbero cercato di nasconderla sotto i mantelli. Mafalda fu
l’unica a non aver bisogno di travestimenti. Tirò fuori per ultimo dal borsone - che doveva
essere magico per contenere tanti oggetti - una cesta piena di mele, che si
mise al braccio, tenendo con la mano libera, ben stretta a sé, Alice. Lasciò la
borsa non gli abiti dei bimbi ben nascosta dietro l’albero. Formavano ora una
comitiva ben omogenea: la strega e le sue povere vittime, immagine inquietante…
Ma Kevin non riuscì a trattenere il riso:
-
Oh, guarda, la
strega…
La strega cattiva…
-
Sarà forse la
strega di Biancaneve? – Paolo si prestava al gioco.
-
Ehi strega, brutta
strega, ce l’hai ancora una mela per me? – e Kevin intanto allungava una mano
veloce.
-
Fermi lì, furfanti,
non mi rovinate la messa in scena! Giù le mani dal mio cesto, guai se mettete
fuori posto le mie mele!
-
Ecco, te l’ho
presa!
-
E io?
-
Smettetela! Sono
le sue mele! Ma… ne posso prendere una anch’io? Per piacere – Alice chiedeva
per piacere, funzionava quasi sempre…
Entrarono
nel villaggio. Mafalda si fece strada tra una folla di persone vestite
stranamente, come loro d’altronde, e dall’aspetto poco curato: capelli grigi e
unti, denti guasti e abiti sciatti. La cosa si faceva interessante per i
ragazzi. Passavano davanti a botteghe buie e anguste, in cui si vendevano
generi alimentari ma anche oggetti strani, in legno e ferro battuto, tessuti
fatti a mano, erbe magiche…
-
Che puzza!
-
Zitta Alice, non
è educazione. - La redarguì Paolo,
scansando una secchiellata d’acqua – se acqua era…-proveniente da una finestra.
- Che strane abitudini in questo borgo…
Passarono
davanti ad un omone alto, grosso e panciuto, con enormi muscoli nelle braccia e
nelle spalle, che lavorava ad un’incudine di fronte alla sua bottega. A torso
nudo picchiava un enorme martello su di un ferro rovente. I loro occhi si
incontrarono, e lui si fermò un attimo.
-
Venerdì? – Chiese
l’uomo.
-
Venerdì. –
Mafalda annuì misteriosa.
-
Venerdì cosa? –
Alice curiosa fece capolino da sotto gli stracci della vecchia.
-
La festa.
-
Ma non ci avevi
detto che era per venerdì. E’ invitato anche il fabbro?
-
Certo. – Mafalda
abbassò la voce: - E’ l’orco.
-
Ooooo, l’orco! –
Kevin non era stupito. Voleva solo fare lo spiritoso. Non le credeva.
-
Certo, l’orco. Un
giorno lo conoscerete… e non farete più i furbi.
Arrivarono
sulla grande piazza. E lì una meraviglia
dietro l’altra.
Ecco
un giocoliere con l’abito verde e giallo
che lanciava e riprendeva delle palle di cuoio. Kevin si affiancò e ci provò
anche lui, usando tre mele della strega, che tornavano sempre con precisione
nelle sue mani. I ragazzi rimasero a bocca aperta! Si formò un capannello di curiosi che
applaudivano il ragazzo, lanciandogli anche qualche moneta.
-
Ehi, ma che roba
è? Mele magiche? – chiese il giocoliere vero spintonando Kevin – Pussa via,
questo è il mio posto. E sbrigati, se non vuoi che ti sistemi per le feste. Le
mele lasciale pure qui, che mi possono essere utili, qualunque sia il trucco. E
anche le monete. E ora sparisci, vai…
Che
strana idea del divertimento avevano in quel luogo! Non doveva essere solo un
gioco? Kevin era perplesso. Mafalda lo
tirò via in tutta fretta, presagendo grane…
Ma
subito furono attratti da altre meraviglie. Un uomo che sputava fuoco. E poi
musici e cantori in ogni angolo.
C’erano
balle di paglia distribuite sulla piazza, come a definire un percorso. Dei
ragazzini venivano bendati. Questa volta fu Frida a farsi avanti. Si trattava
di inseguire un maialino e catturarlo. Gli altri furono travolti dalla folla e
la persero di vista, ma dopo mezz’ora la videro arrivare più sporca e lacera
che mai, ma trionfante, con un maialino poco più grande di Ice in braccio.
Una
vecchia leggeva le carte, e Mafalda non potè resistere e si avvicinò, con
espressione ostile:
-
Impostora! Non
sei una strega! Ti prendi gioco di questa nobile arte, e di noi…
La
gente intorno si allontanò guardandola spaventata… La cartomante alzò gli
occhi:
-
La strega!
E
tutti intorno:
-
E’ lei la
riconosco!
-
La strega Mafalda!
-
Al rogo, al rogo!
-
Prendetela!
-
Attenti ai suoi
poteri!
Mafalda
alzò l’indice adulto e rinsecchito e cominciò a recitare una delle sue formule…
Ma
mani e braccia si levarono intorno, e lei, schiacciata fra tanta gente non
riuscì più a parlare. Un mantello buttato sulla sua testa la zittì
definitivamente.
-
Al rogo? che vogliono
dire? – Chiese Kevin, per nulla intimorito
dal momento difficile
-
Ma perché ce
l’avete con lei? Che vi ha fatto? – Paolo cercava di fare ragionare quelle
strane genti.
Un
coro di voci rispose:
-
Quanti malefici
ha fatto…
-
La peste!
-
La carestia!
-
Quanti bambini si
è portata via!
-
Ma cosa dite,
pensa solo a cucinare! E poi è una salutista, che abbia causato la peste ci fa
strano! - allargò le braccia Paolo.
-
Ma voi cosa
volete? Le tenete la parte? Non state
mica con lei?
-
Ma no, è lui che
è un po’ tonto! non lo vedete, che faccia!
-
Ehi, cosa stai dicendo? Cosa sarei io?
-
Non fiatare, Paolo,
altrimenti mi sa che qui c’è da
lasciarci la pelle tutti quanti!
Kevin
se ne stava in disparte guardando perplesso la bottiglia che aveva appena
rubato a uno degli artisti e pensò che non c’era altra via di scampo. Aveva
idea di cosa doveva essere quel liquido misterioso. Si riempì la bocca senza ingoiare, e subito soffiò. Una
enorme nube di fuoco riempì lo spiazzo, e gli astanti fuggirono tossendo, con
gli abiti bruciacchiati.
-
Ma come, è già
ora del rogo? – chiese un passante.
-
Ma no, è uno dei
ragazzini che stanno con lei. Via via, è già pronto a sputare altro fuoco. Qui
ci fa arrosto tutti, altro che rogo. Scappiamo.
Mentre
Kevin armeggiava con la bottiglia, dando a vedere che era pronto a bere un
altro sorso, Paolo soccorse Mafalda, che nella gran confusione era cascata a gambe
all’aria; la liberò dal mantello in cui l’avevano imprigionata, la aiutò ad
alzarsi e se la tirò dietro per i vicoli
più nascosti. Kevin trascinò via Alice, che stava applaudendo, non avendo ben
capito cosa succedeva, e Frida li seguì col suo maialino.
Usciti
dalle mura, ritrovarono il silenzio e la
pace. Si avviarono verso l’albero che custodiva i loro abiti di tutti i giorni.
Si
guardarono indietro, verso il borgo di fiaba. Mafalda si girò verso l’alto.
Quale altra novità? A una finestra della torre del castello si intravedeva una
figura dietro i vetri: la fisionomia di una uomo anziano, piccolo e curvo. Tutti
alzarono gli occhi. Sembrava proprio che il vecchio stesse guardando verso di
loro, e in particolare verso Frida, che
indossava ancora gli stracci antichi di foggia maschile e in quel momento si
stava tirando via il cappellaccio e sciogliendo i bei riccioli rosso tiziano. Si
volsero tutti verso Mafalda, la cui espressione si fece pensierosa:
-
Barbablù.
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