domenica 25 novembre 2012

Il pifferaio



Sulla via del ritorno dalla fiera videro una strana processione di bambini attraversare i prati.  Seguivano un giovane che suonava il flauto, e procedevano  ondeggiando e danzando con movimenti goffi e sgraziati.
-         Dove vanno,  Mafalda? Sembrano ubriachi, che strana danza!
-         La loro danza finirà presto.- rispose seria. - Quello lo conosco bene…
-         Il musicista?
-         E’ il pifferaio di Hamelin.
-         E chi è mai?
-         Ma nessuno vi racconta fiabe? Dove vivete, marmocchi?
-         Allora racconta tu, Mafalda.
-         Il pifferaio di Hamelin offrì i suoi servigi alle autorità per liberare una città dai topi. Con una musica magica li attirò e condusse fuori delle mura. Si presentò al podestà per ricevere il compenso pattuito, e questi non lo pagò. Il pifferaio allora si vendicò. Prese di nuovo il suo strumento, riprese a suonare e attirò…
-         Il podestà?
-         No, attirò i bambini della città, che incantati dalla sua musica lo seguirono fino alla montagna  magica in cui li rinchiuse, e non tornarono più. Pare siano tutti morti.
-         No…
-         Sì. Neanche noi streghe siamo state mai capaci di simili atrocità.
-         E dici che è proprio lui,  quell’omino mingherlino che saltella ridicolo là davanti? Non sembra essere affatto pericoloso.
-         Dubitate delle mie parole?
-         Non volevamo dir questo.
-         Che aspettiamo? Dobbiamo far qualcosa, o moriranno tutti! – Kevin sembrava già in agitazione.
-         Kevin che fai, cosa cerchi nella mia sporta?
Dopo aver frugato un po’ estrasse un sasso bianco, di almeno cinque centimetri di diametro.
-         Ecco cosa cercavo. Un sasso magico. So che nei ha sempre dietro qualcuno.
-         Certo.  Prendilo, ma mi raccomando…
Quel mi raccomando non mancava mai, e diceva tutto e niente…
Nel frattempo la processione danzante si era allontanata.
-         Ma dove vanno Mafalda? Non ci sono montagne qui vicino! Là in fondo cosa c’è?
-         Il fiume.
-         Allora  bisogna andare, non c’è tempo da perdere!

Kevin cominciò a correre a perdifiato verso il codazzo di bimbi, stringendo stretta in pugno la pietra fatata.
Gli amici lo incitavano e lo sostenevano:
-         Corri veloce!
-         Salvali tu!
-         Stai attento!
-         Più veloce!
-         Ma come puoi farcela da solo!
Intanto Kevin correva, seguito dalla fida Maya, che pensava in verità ad un gioco, e si aspettava il lancio della sua pallina.
In un battibaleno raggiunse i bambini, che stavano ponendo fine al loro  cammino in riva al fiume. Erano vestiti come i personaggi delle fiabe, con tristi pantaloni  a metà polpaccio, camicie ampie e gilè; le bambine portavano gonne lunghe e cuffiette, da cui spuntavano lunghe trecce. Continuavano a scuotere braccia e gambe in quella stana danza, seguendo ritmi antichi. Non si accorsero neppure di Kevin, che indisturbato si avvicinò  al pifferaio per prendere meglio  la mira col suo sasso.
-         Fiu fiu  fiu.
Non voleva ucciderlo, ma solo tramortirlo, per mandare a casa i ragazzi. Questione di un  attimo.
-         Fiu fiu fiu.
Ecco, alzò la mano. Restò fermo per un istante, e poi abbassò il braccio. Osservava il sasso, e non capiva a cosa avrebbe dovuto servire, non ricordava nulla. Perché era lì? E intanto la sue gambe si muovevano da sole. Un due tre passettini… Cosa gli succedeva? Non era più lui.
-         Fiu fiu fiu.
Kevin aveva paura? Non aveva  paura mai di nessuno. Kevin che diava le ingiustizie…
-         Fiu fiu fiu.
Tre passetti e un balzo più lungo.
Kevin odiava le ingiustizie, le cattiverie. Era sempre pronto ad andare in aiuto dei più deboli…
-         Fiu fiu fiu.

La testa confusa, i sensi ottenebrati, le gambe che si muovevano come quelle di un burattino dirette verso la riva del fiume… Le mani insensibili mollarono la presa.
Il sasso magico rotolò a terra.
Rotolò, rotolò.
Il sasso si fermò contro un piede.
Il piede di un bambino.
Un piede ben fermo. Uno degli unici due piedi ben fermi.
E una mano raccolse il sasso.
Maya spiccò un eroico balzo lungo dieci metri, o forse un po’ meno, comunque un eroico lungo balzo, e il pifferaio cadde a terra, e prima che cercasse di rialzarsi la mano di bambino lanciò.
La musica era cessata, e i bambini ubriachi e storditi rallentarono i movimenti fino  fermarsi, e cominciarono a guardarsi intorno spersi.
-         Tornatevene a casa veloci. Lasciatevi il fiume alle spalle. Seguite la direzione verso la pieve, la vedete là, poi verso le torri del castello.  No, non potete farcela, fiato sprecato… - era una bambino a parlare, Paolo.  Si  girò verso il cane:
-         Maya, guidali tu.
Maya se ne andava scodinzolando in giro con la pietra magica in bocca; ubbidì subito, ché per lei un gregge da sorvegliare era anche meglio di una pallina.
-         Mi sa che ci penseranno poi i genitori a fargli riprendere bene i sensi, a suon di sculaccioni.
Paolo versò una borraccia di acqua fredda in testa all’amico.
-         Grazie - la voce di Kevin era mogia e mortificata come non mai. – come hai fatto?
-         Facile. Alza gli occhi!
-         Paolo sei un mito! L’MP3? Come ti è venuto in mente?
-         Veramente ce l’ho sempre dietro e… è servito  per non sentire fiu fiu fiu. Dai non prendertela!
-         Sono stato un fesso. Che vergogna!
-         Sì, vero, proprio fesso. Però magari si può diventare eroi lo stesso dopo una fesseria.
-         Credi?
-         Intendi la fesseria o il fatto che diventi eroe?
-         Tutt’e due. Credo possa esserci una fesseria e il diventare eroi, insieme.
-         Poi si può anche diventare scienziati sbagliando un compito di matematica.
-         Ma io non ho mai sbagliato un compito.
-         Male. E’ educativo sbagliare qualcosa sai…
-         Buffone.
-         Ehi, guarda, intanto che noi stiamo qui a chiacchierare, quello cerca di alzarsi.

In effetti il pifferaio cominciava a muoversi e a tastarsi il bozzo sulla fronte. I due amici ritornarono all’opera.
Kevin prese il flauto, lo appoggio al ginocchio e lo spezzò in due. E poi lo buttò a terra e lo pestò per bene con i piedi, facendolo in mille pezzi.
-         Ora l’omino è innocuo però…
-         Però ci vorrebbe una lezione.
-         Ucciderlo, no, ma una bella  lezione…
Paolo sorrise, e si sfilò le cuffie MP3, le sistemò all’omino. Prima di inserire l’apparecchietto in tasca al pifferaio  regolò il volume al massimo.
Presero la via di ritorno.
-         Trenta secondi e inizia la musica.
-         Cosa sentirà?
-         Marilyn Manson.
Scoppiarono a ridere.
Passati trenta secondi, udirono delle urla folli, si voltarono e videro il musicista saltare in piedi. Si mise a correre sempre urlando, non capendo qual era la magia che gli faceva esplodere quegli orrendi rumori in testa…
Cercò inutilmente quiete tuffandosi e testa in giù in un mucchio di letame, ma le cuffiette non si sfilarono, restarono bel salde nelle sue orecchie.
-         Kevin, senti… Ma a te piaceva quella musica lagnosa, quella del pifferaio?
-         Mica me la ricordo.
-         Però ballavi così bene, che carino eri.
-         Smettila.
-         Un due tre e un balzo… dai, così…
E saltellando goffi e ridendo, tornarono dalla strega.
In tempo per uno spuntino.




Torta di verdure  colorata

Ingredienti:
Un disco di pasta sfoglia pronta
2,5- 3 hg di ricotta
3-4 uova
2 Verdure di colori diversi, secondo i gusti personali:
ad esempio carote e zucchine, o carote  e spinaci.

Bollire le verdure separatamente
Per renderle più gustose (soprattutto per spinaci e zucchine) è possibile saltarle in padella con qualche gusto.
Mescolare ricotta, formaggio grattugiato e uova, e salare. Aggiungere l’impasto separatamente alle due verdure.
A questo punto allargare il disco di pasta in una teglia e disporre una parte dell’impasto, costruendo il disegno voluto (una stella, un fiore, un albero di natale). Riempire gli spazi rimasti con la seconda verdura.
Cuocere in forno.   

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